Università degli Studi di Milano – Bicocca
Ambito di ricerca: Antropologia
Anno di pubblicazione: 2015-2016
In questa tesi vengono presentati i risultati di una ricerca sul campo condotta tra l’ottobre del 2015 e il giugno del 2016 – e puntualmente anche nei mesi successivi – nel quartiere del Giambellino-Lorenteggio, un quartiere nella zona sud-ovest di Milano caratterizzato dalla presenza di un grande complesso di edilizia residenziale pubblica (ERP), conosciuta come una delle zone della città in cui i fenomeni di emergenza abitativa, degrado spaziale e isolamento sociale sono più forti.
Nella prima parte del lavoro si analizza come la transizione in senso neoliberale che ha caratterizzato il governo dell’abitare negli ultimi tre decenni abbia comportato un generalizzato abbandono del patrimonio di Edilizia Residenziale Pubblica da parte delle istituzioni. Tale degrado “pianificato” e a più dimensioni dell’abitare è stata affrontato in modo securitario e imprenditoriale, combinando espulsioni, dismissioni e processi di riqualificazione – privatizzazione della casa pubblica, colpendo le fasce più povere della popolazione e generando nuove possibilità di speculazione urbana. Eppure, nonostante il persistente effetto depoliticizzante di tali macrofenomeni, in alcuni casi gli abitanti di questi margini della città sono stati in grado di resistere attivamente attraverso forme di partecipazione, autorganizzazione e negoziazioni dal basso.
Nel resto dell’elaborato, attraverso un approccio etnografico e micro-storico, si ripercorre l’esperienza del Laboratorio di Quartiere Giambellino-Lorenteggio (organizzatosi intorno al 2006 e attivo ancora oggi) e si ricostruiscono i percorsi di attivismo del comitato abitanti Drago (mobilitatosi tra la fine del 2013 e tutto il 2014). Due soggetti collettivi dal diverso approccio politico ma profondamente intrecciati, composti in buona parte dagli stessi abitanti del quartiere, tra cui alcuni dei più stretti interlocutori del ricercatore.
Da una parte una rete di associazioni e persone che tenta di reinventare e trasformare l’abitare in comune, progettando dispositivi in grado di attivare i saperi e le potenzialità del territorio, raccogliendo e stimolando proposte attraverso assemblee pubbliche e iniziative socio-culturali. Dall’altra, un comitato che è stato in grado di organizzare un’azione collettiva contro un piano di abbattimento e ricostruzione che avrebbe investito metà dei caseggiati popolari, rivendicando un intervento – e un futuro – più equo per tutto il quartiere.